Femminicidio. Riflessioni di una giovane donna
mercoledì 10 luglio 2013

Mi ritrovo davanti ad un foglio di carta a sfogare tutta la mia rabbia, la mia indignazione di donna, di cittadina perbene, di figlia. Mi sento avvilita, incatenata in quanto donna. Non vi è parità nel mondo del lavoro, non vi è parità nel mondo politico, non vi è parità, punto.

Osservo oggi, in un dieci luglio di un anno più che mai difficile, inerme l’ennesimo femminicidio, l’ennesimo abuso, l’ennesima manifestazione di una superiorità (quanto mai inesistente) maschile decantata a bassa voce, conclamata all’orecchio del compagno di merende davanti ad una birra. E’ tempo di smetterla. E’ tempo di risposte, perchè domande ne sono state poste a sufficienza.

L’Italia ha di femminile solo il nome. E’ pervasa da un maschilismo latente nella grammatica, nelle tradizioni e nel buon costume che di buono ha ben poco. La donna oggetto ieri era la moglie che doveva rimanere, senza obiettare, in casa ad accudire prole e focolare domestico, oggi è la soubrette seminuda che balla in modo provocante durante un gioco a premi di un’anonima domenica sera (in fascia protetta).

Qual è il punto? Qual è il guadagno per la categoria femminile se donne mezze nude ballano in tv? La donna non è un corpo, non è solo la proiezione fisica della fantasia maschile. Non mi si fraintenda, sono a favore delle parità non della superiorità femminile. Sono convinta più che mai che una società migliore nasca dalle sinergie tra uomo e donna, non dalle sole interazioni femminili.

Chiedo alle autorità delle risposte. Risposte concrete, affinchè non si abbia più paura di andare a mangiare una pizza con le amiche e ritirarsi la sera a casa da sole; affinchè una discussione per la fila in metro non si trasformi mai più in un pugno che uccide; affinchè una sigaretta fumata nel cortile di casa non diventi più stupro, insulti, fischi dalle auto in corsa.
Vogliamo libertà e vogliamo pene certe, esemplari, da scontare fino all’ultimo stramaledetto giorno esattamente come ogni maledetto giorno striscerà il tarlo del ricordo nella mente di una donna insultata, trattata, violata.

Sono una donna in libertà vigilata che vuole costruire oggi una società civile, perché di pura e semplice civiltà stiamo parlando, da offrire domani ai miei figli, alle nuove generazioni affinchè si possa parlare finalmente non più di “maschio” e “femmina” ma di “donne” e di “uomini”.

Carlotta Tedesco
cittadina di Brindisi

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