Chiunque abbia fatto militanza nelle file della destra italiana dal dopoguerra ad oggi, non può non aver notato una caratteristica peculiare che contraddistingue, a fasi alterne, una certa percentuale, per fortuna molto bassa, di simpatizzanti medi: l’eterna sindrome degli sconfitti, uno strisciante pessimismo di fondo che, quando non scade in atteggiamenti nostalgici (decenni fa relativi ai tempi che furono, poi al glorioso MSI o al Fronte della Gioventù, quindi alle tesi di Fiuggi, oggi al logo di AN sulla scheda elettorale…), si tramuta in autoghettizzazione.
E’ una forma distorta di quell’aristocraticismo di fondo che è parte del bagaglio antropologico del militante di destra: la consapevolezza di essere parte di una minoranza comunitaria che incarna valori eterni, e quindi l’orgoglio di essere differenti, invece di divenire avanguardia pronta a combattere in prima linea per guidare gli eserciti, si tramuta, ancora oggi, nel “noi pochi, noi felici pochi”.
La pallida luce del bianco sole dei vinti - a tutti noi cara -, anziché scatenare una forza dirompente in grado di infiammare animi, soldati e popolo, scade nell’autocommiserazione politica vissuta nella torre d’avorio dalla nobiltà vinta e decaduta.
Tutti ne conosciamo i sintomi, e tutti noi abbiamo incontrato gente contagiata da questo virus: eterna disfattista, è pronta a stracciarsi le vesti ogniqualvolta un dirigente di partito esprime una posizione innovativa.
Sembrano persone afflitte dalla sindrome di Armagheddon, quasi che la fine della destra autentica sia dietro l’angolo e loro restano li, chiusi in casa, ad aspettarne la dissoluzione.
Frequentemente polemici e militanti a corrente alternata, a volte scadono nell’intellettualismo accademico fine a se stesso, dimenticando che le idee devono diventare azione, e che le nostre origini sono fatte di vitalismo e sprezzo del pericolo, volontà di potenza e ottimismo solare, culto del bello e senso del sacro, brama di combattere e voglia di vincere per affermare verità e giustizia. In pratica tutto l’opposto del continuo piangersi addosso tipico di questi fautori del “si stava meglio quando si stava peggio”.
Ed eccoli tornare all’attacco con i loro lamenti e i loro proclami dopo la costituzione delle liste uniche del PDL: “AN è finita, non esistiamo più, basta con la politica, la fine del mondo è inevitabile”…
Un gatto nero, a sentirli, farebbe gli scongiuri.
Affiancabili a costoro, ci sono poi i sedicenti eroi “duri e puri”. Per questi ultimi, in realtà, è troppo rischioso fare politica per affermare concretamente le proprie idee; troppo complicato accettare la sfida di incarnare la propria visione del mondo. Troppo sacrificio richiederebbe dare l’esempio con la militanza e l’effettiva realizzazione quotidiana dei valori.
Più semplice una loro mera proclamazione. Meglio il ghetto, la testimonianza fine a se stessa, il culto del feticcio.
In fondo cosa volete? Loro sono così: cupi e tristi, oggi come ieri, si sentono al sicuro nei luoghi comuni del passato, si condannano all’eterna opposizione, dove sguazzano a meraviglia come rane nelle acque stagnanti dell’impolitica. Notturni come i gufi, sono pronti a portare sfiga, celeri a chiedere a tutti di mollare la lotta, “perché tanto non ne vale la pena”.
Ma noi militanti, grazie a Dio, siamo altro: amiamo il colore, il calore, la luce del sole, la gioventù! Viviamo le piazze, le strade, i vicoli. Noi siamo pronti a vincere la sfida del futuro perché siamo il futuro; noi amiamo la lotta e vogliamo trasformare in meglio il mondo intorno a noi. Sempre all’avanguardia, capaci di fornire nuova linfa vitale alla nostra identità, contagiamo il nostro popolo con i nostri valori, con la gioia di vivere e la goliardia. Ci sta stretta la logica di parte, di ghetto, di corrente: vogliamo andare sempre più in alto e sempre più oltre.
Noi siamo solari, e come il sole scaldiamo e dirompiamo ovunque. Noi, come il sole, che si erge alto, “libero e giocondo”, non possiamo essere sconfitti, perchè siamo destinati alla vittoria. In fin dei conti, qualcuno diceva che nessun fenomeno al mondo può impedire al sole di risorgere. E splendere, chissà, nell’azzurro cielo del PdL…