Ventiquattro di aprile, seconda puntata del ciclo che brundisium.net ha dedicato agli anni ’70. è il turno di Giorgio Guidelli, un libro sulla storia del sequestro e l’assassinio di Roberto Peci, Brigatista marchigiano, ucciso per vendetta trasversale nei confronti del fratello Patrizio, primo pentito delle BR. Siamo un po’ di meno e siamo un po’ diversi da quelli del primo giorno. La storia marchigiana attrae meno della storia di Moro e, forse, i titoli dell’ospite sono meno altisonanti.
La presentazione del lavoro è, al solito, egregia come il lavoro stesso almeno dal punto di vista letterario e della applicazione alle fonti. Sono giovani, Guido e Manlio e anche il dott. Donno che ci racconta della parte “mediatica” della gestione dell’operazione Peci. Sono molto interessato a capire come occhi giovani, senza la conoscenza dell’aria di quel tempo, senza il disincanto e la diffidenza che aver vissuto quegli anni ci ha indotto, guardano fatti così lontani eppure dei quali l’oggi è pregno .
Mi ha fatto quasi sorridere l’ingenuità con la quale alcune cose sono viste da menti avulse dal contesto “plurigiochista” di quel tempo, e di come svestendosi della “distorsione ideologica” si disarma anche la capacità di affondare il bisturi nelle parti molli. Non le hanno le armi che la “cattiveria” della ideologia sapeva fornire anche se sono bravi questi giovani, ci mettono l’anima e lo scrupolo nell’esame delle fonti documentali e personali, dei contesti e dei dati. Sono davvero coscenziosi, e studiosi. Se posso continuerò a seguirli, magari a morderli bonariamente con i canini che quel tempo mi ha affilato, ma davvero con il migliore degli intenti.
Avevo accantonato l’idea di continuare a percorrere la conoscenza della storia di quel tempo, stanco per gli anni e provato da troppi ricordi dolorosi, di tradimenti, di bugie e di morti, di maiali ingrassati, politicamente e finanziariamente, grufolando nella melma dei ricatti incrociati, dei piccoli cabotaggi e delle grandi miserie umane che l’Italia dei mille misteri e di nessun segreto continua a nutrire con il suo vomitare. Mi ero rassegnato alla non-ricerca delle verità e consegnato, mani e piedi, alla letteratura del cinquecento e all’enogastronomia.
Poi, dopo il primo incontro, due cose. Il bravo Andrea che ha fame di sapere e il simpatico Sen. Manca che, con esagerata delicatezza, usa la piuma nel racconto lasciando allusioni di nomi e cognomi che sono molto familiari a noi che c’eravamo ma che sono molto conosciuti, per altre ragioni, ai giovani di adesso. Ecco, trovo insopportabile fisicamente chiamare diritto all’oblìo la reticenza, cercare di coniugare memoria e privacy, facendo di quest’ultima qualcosa che somiglia molto all’omertà, e l’omertà è la pseudo-ragion d’onore che maschera pavidità o collusione. E se mi avete svegliato, adesso fatevi carico della bestia!!!
Non faccio ovviamente colpa ai giovani che si avvicinano al tema, faccio colpa a quanti hanno permesso che “nelle Marche la vicenda Peci fosse collettivamente rimossa e non ne parla nessuno” come ci ha detto Giorgio. Faccio colpa a quanti hanno taciuto, forse per pigrizia, per timore di conseguenze o forse perché, in fondo, a che serve raccontare una storia se nessuno la vuole ascoltare?
Il fatto è che mi piace che questi giovani, con gli occhi sempre scevri dalla lente deformante della “politica”, o almeno così dicono, possano però attingere all’esperienza, se lo voggliono, per progettare e costruire, finalmente, il ponte tra il genio e la follia, perché il genio è la capacità di porre le mille domande alle quali non è stata data una risposta, ed è follia dare le mille risposte alle domande che nessuno ha mai fatto. Devono sapere, però, che la vita è comoda solo se è fatta di normale mediocrità o, al massimo, di mediocre normalità.
Il prossimo appuntamento promette bene, si parla di Guido Rossa, all 18 del 30 aprile 2009, in via Colonne 46.
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