La truffa che minacciava la salute pubblica! 55 a processo
TARANTO - L'inchiesta sulla vendita di green pass falsi a Taranto ha preso una piega drammatica. Nonostante la richiesta del pubblico ministero di archiviare il caso per mancanza di prove, il gip del tribunale di Lecce, Francesca Mariano, ha deciso di respingere tale richiesta, ordinando invece l’imputazione coatta per 55 persone coinvolte nella truffa. Il caso, emerso grazie all’indagine della Guardia di Finanza, si trasforma ora in un’ulteriore denuncia di come la disonestà possa minare, ancor più durante una pandemia, le fondamenta stesse della sicurezza sanitaria.
La base operativa della truffa, che ha messo in pericolo la vita di molte persone, è stata individuata a Taranto, ma i green pass falsi venivano inviati in tutta Italia, arrivando fino al Veneto e alla Lombardia, a un prezzo che oscillava tra i 350 e i 400 euro. Dietro questa rete di inganno c'era una soccorritrice del 118 di Taranto, la quale, dietro compenso, rilasciava certificazioni fasulle senza vaccinare alcuno. Il denaro veniva versato tramite carte prepagate, accumulando ben 50 mila euro in soli due anni. Oltre alla soccorritrice, l'organizzazione comprendeva anche un’operatrice socio-sanitaria incaricata della cassa e un dipendente della Asl tarantina che provvedeva a registrare le false vaccinazioni.
Il pm aveva inizialmente chiesto l'archiviazione, con l'argomentazione che non fosse stato provato l'uso effettivo dei certificati falsi. Tuttavia, la decisione del gip è stata drastica e severa: la vendita di green pass falsi durante il periodo della pandemia è stata considerata un atto ai "limiti della procurata strage" e del "contagio doloso". Un colpo al cuore della sanità pubblica, che, oltre al danno economico, ha potuto compromettere la salute di chi, ignaro, ha ricevuto una protezione sanitaria fittizia.
Questa vicenda svela non solo il marcio che può esserci dietro la gestione di una crisi sanitaria globale, ma anche l’indifferenza di chi ha deciso di speculare sulla salute altrui, ignorando i rischi che comporta mettere in circolazione un certificato sanitario falso in un periodo di emergenza sanitaria mondiale. Un atto di rassegnazione per chi ha visto, troppo tardi, come le disuguaglianze sociali, la disperazione e la ricerca di soluzioni facili possano essere sfruttate da chi ha scelto la via dell’inganno.
Ora, il futuro di questi 55 indagati si deciderà nelle aule di tribunale, ma il danno fatto alla collettività è ormai irreparabile.