FASANO – Il sindaco Francesco Zaccaria è stato condannato ieri dal Tribunale di Brindisi a sei mesi di reclusione e un anno di interdizione dai pubblici uffici per omissione di atti d'ufficio, legato alla mancata ordinanza di messa in sicurezza dell'ex Lido Pipoli. Entrambe le pene sono sospese in questa fase di primo grado e non saranno registrate nel casellario.
L'inchiesta condotta dalla polizia locale di Fasano è stata gestita dal pubblico ministero Raffaele Casto, il quale aveva richiesto otto mesi di condanna, ma il giudice ha optato per sei mesi di reclusione. L'avvocato Fabiano Amati, difensore di Zaccaria, aveva chiesto l'assoluzione sostenendo che la responsabilità della messa in sicurezza spettava agli uffici tecnici del Comune di Fasano. Tuttavia, il giudice ha accolto la richiesta del pubblico ministero, riducendo la pena di due mesi. I fatti risalgono al 2017, quando una richiesta di messa in sicurezza urgente dell'ex Lido Pipoli era stata presentata al Comune di Fasano. Nel 2019, Zaccaria aveva ricevuto un decreto di giudizio immediato con una proposta di pena pecuniaria, ma aveva deciso di opporsi, portando il caso in tribuna
Riportiamo di seguito la nota che il sindaco Zaccaria ha pubblicato sulla sua pagina facebook:
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“Cari concittadini, avrete sicuramente appreso della vicenda giudiziaria di lido Pipoli: vorrei in poche parole cercare di descrivere cosa è successo. Nel 2017 le mareggiate fecero collassare la piattaforma di cemento davanti al Lido: in seguito al sopralluogo degli agenti di Polizia locale, venne notificata al dirigente del Settore Lavori pubblici e al sottoscritto la necessità di demolirla. Feci immediatamente notare che, in virtù della competenza e delle prerogative amministrative, il provvedimento doveva essere adottato dal dirigente. Anche alcuni testimoni al processo lo hanno sottolineato, raccontando delle riunioni nelle quali fu acclarata la competenza appannaggio del dirigente. Tuttavia, sono stato ritenuto responsabile. Se avessi firmato, qualcuno avrebbe potuto anche accusarmi di abuso di ufficio, oggi paradossalmente rispondo di rifiuto di atto d’ufficio: è il duro mestiere di ogni sindaco, che deve decidere e operare scelte, anche se stretto fra un guaio o l'altro. Naturalmente, farò appello: sono convinto della liceità e della bontà del mio operato, perché ho solo invitato il dirigente a firmare per competenza, cosa che poi è accaduta. Avrei potuto anche pagare 4.500 euro di oblazione, come previsto dal Codice penale, ed evitare così il processo: non lo ritenevo giusto, oltre che troppo oneroso per le mie tasche di amministratore pubblico che esercita onestamente il suo mandato.
La sentenza per questo tipo di contestazione non comporta alcuna conseguenza amministrativa per il sindaco, ma sono a disposizione per ogni chiarimento: la trasparenza, per me, è un dovere assoluto."