Brindisi, 26 gennaio 2008. La Comunità Ellenica partecipa al dibattito pubblico relativo alle Colonne Romane, simbolo indiscusso della città di Brindisi.
Di seguito l’intervento integrale di Ioannis Davilis, Presidente della Comunità Ellenica di Brindisi e del Grande Salento.
Voglio essere sincero. Dopo la Conferenza stampa della Commissione degli Esperti per la questione riguardante il simbolo cittadino, meglio noto come “Colonne Romane”, di qualche giorno fa (12 Gennaio 2008) e le relative dichiarazioni del Sindaco Mennitti, mi sento molto più tranquillo.
Sembra che siamo scampati dal pericolo annunciato di ritrovarci con una seconda Colonna fatta ad imitazione di quella originale regalata 500 anni fa alla “cugina” Lecce.
A quanto pare ci hanno risparmiato da questa “americanata”.
Sembra che siamo scampati anche da un altro pericolo: la richiesta, di indubbio cattivo gusto, di continuare a chiedere alla città di Lecce la Colonna originale, tra l’ilarità generale ed il pericolo, da non sottovalutare, di far arrabbiare sul serio Sant’Oronzo protettore della città barocca, ormai abituato a controllare la sua polis dal capitello della nostra Colonna.
Personalmente sono dell’idea che i simboli di una città, i suoi monumenti, devono seguire la storia della città stessa. Devono portare i segni dei secoli, devono essere i libri aperti della propria storia. La conservazione secondo metodi e criteri altamente scientifici è una cosa; cercare di riportare i monumenti-simbolo nella loro originale versione (o postazione), cancellando le testimonianze del tempo e le conseguenze che le vicende storiche hanno determinato su di essi, è semplicemente indice di mancata sensibilità culturale e di cattivo gusto.
È inaudito pensare dunque, nel caso di Brindisi, di intervenire sui monumenti-simbolo cittadini nel nome di una generica e non meglio definita “brindisinità”. È auspicabile invece, ed è anche giusto, andare oltre guardando sempre il futuro attraverso la conoscenza e la consapevolezza del passato. La “brindisinità” di Brindisi è cosa scontata ed è un controsenso cercare di dimostrarla!
È utile invece e culturalmente salutare, approfondire l’aspetto storico e culturale di questa “brindisinità” in tutte le sue peculiarità. Arrivare alle sue radici, nel suo cuore, al suo DNA.
Nella sopra citata Conferenza stampa, gli autorevoli esperti ci hanno spiegato la teoria, che noi condividiamo pienamente, secondo la quale le Colonne Romane per una serie di motivi, anche riferiti alla loro precisa posizione, non potevano essere “terminali di Via Appia”, invece dovevano indicare il passaggio tra la terra ferma ed il mare.
Dovevano essere, aggiungiamo noi, un “Faro diurno” per le navi di transito e d’apporto nel, allora, importante Porto di Brindisi. Una specie di gigantesco “marchio”, “logo” che indicasse l’appartenenza della città-porto, non solo da punto di vista strettamente imperiale e militare, quindi territoriale, ma anche, e soprattutto, dal punto di vista di appartenenza culturale.
È ormai accertato dagli esperti, anche se raramente si parla in pubblico, che le Colonne di Brindisi sono un assemblaggio di pezzi vari provenienti dai monumenti e dagli edifici della città-porto dell’ Impero Romano, rasa a suolo dai Logombardi nel 674.
Nella ricostruzione della città nel 9° secolo d.c. (864), da parte del generale bizantino Lupo Protospatario, per conto degli Imperatori bizantini Basilio, Leone e Alessandro, ripopolata in occasione tra l’altro da popolazione greca o di cultura greca, furono erette le Colonne.
Le Colonne dunque sono assemblate con i pezzi recuperati dalle macerie della città, come si usava d’altra parte all’epoca. Parlare dunque di “Colonne Romane” non è esatto. Ma anche parlare di “Colonne Bizantine” è parziale e riduttivo.
E allora? Forse “Colonne di Brindisi” non è per nulla male! Tanto ormai sono nostre, appartengono alla città!
Sembra più giusto, più dignitoso ed aiuta a ritrovare e capire la tanta citata “brindisinità”.
Conclusioni del genere, tanto semplici quanto coraggiose, ci aiuterebbero a collegare l’antico simbolo della nostra città a nuove simbologie contemporanee da pensare, inventare e realizzare in collegamento e stretta relazione con quelle antiche. Nuovi simboli come ha auspicato il Sindaco Mennitti in accordo con gli Esperti.
Simboli che dovranno, a nostro modesto avviso, fare riferimento alla grande cultura greco-romana della quale siamo legittimi eredi, che ci appartiene e che è la base dell’odierna cultura Europea.
Quest’ultima considerazione, deve essere motivo ed ispirazione basilare del nostro “orgoglio Brindisino”, sentimento d’obbligo per arrivare a capire, apprezzare e fare propria, la tanta sbandierata “brindinisità”, senza cadere nella trappola del campanilismo, malattia endemico - provinciale della quale la nostra città non ha davvero bisogno in questa fase di rilancio culturale e di sforzo politico di internazionalizzazione.
Ioannis Davilis
grecidelgrandesalento@gmail.com