Il volume sarà presentato sabato 27 ottobre alle ore 18 presso l’Archivio di Stato di Brindisi nell’ambito delle Giornate del Patrimonio Europeo 2008 che si celebra in 29 paesi d’Europa.
A seguito del convegno e della mostra dedicati al pittore e decoratore di origine latianese Agesilao Flora, attivo nel Salento tra Otto e Novecento, allestiti al Palazzo Imperiali di Latiano tra il novembre 2007 e il febbraio 2008, è stato pubblicato un ponderoso volume intitolato Agesilao Flora (1863- 1952) “Pittore e idealista” (stampato nei tipi di Locorotondo Editore, 286 pagine, formato 30 x 21, con un corpus di immagini in bianco e nero e una ottantina di tavole a colori; prezzo di copertina 21,50 euro).
Curatori della pubblicazione il professore Massimo Guastella, professore aggregato di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università del Salento, e la dottoressa Rita Caforio, direttrice della Biblioteca ”G. de Nitto”, di Latiano
Annotazioni sui contenuti del volume:
La mostra si inserisce nel progetto “Novecento salentino da scoprire: Agesilao Flora fra cultura artistica e impegno politico” ideato da Rita Caforio e Margherita Rubino, della biblioteca di Latiano, che ha visto l’impegno del Comune di Latiano in collaborazione con la Regione Puglia, la Provincia di Brindisi e la Facoltà dei Beni Culturali dell’Università del Salento a cui si sono aggiunti i patrocini dei comuni di Galatina, Gallipoli e Grottaglie e il sostegno del Banco di Napoli e di Ubi Banca Carime.
Un vero esempio di sinergie che ha interessato le istituzioni pubbliche e accademiche e gli istituti bancari in un progetto di conoscenza e valorizzazione delle risorse storiche territorio. Obiettivo prefissato la qualificazione e promozione delle risorse culturali del territorio.
Il volume, affatto, propone il primo repertorio catalogico della produzione artistica, decorativa, pittorica e plastica del poliedrico Agesilao Flora e argomenta negli svariati saggi che lo costituiscono gli aspetti biografici e artistici e non di meno politici, quest’ultimi sinora ammantati più da leggende che fatti documentati. Una ricostruzione retrospettiva sulla produzione e attività a cui, accanto ai testi dei due curatori, hanno contribuito i saggi di Massimo Faccioli Pintozzi, nipote dell’artista, Lucio Galante e Daria De Donno, dell’Università del Salento, Antonio Cassiano, Direttore del Museo Castromediano di Lecce, Daniela De Vincientis, direttrice del Museo di Grottaglie, Giovanna Bino, dell’Archivio di Stato di Lecce, degli studiosi salentini Letizia Molfetta, Salvatore P. Polito, Elio Pindinelli, nonché della professoressa Rosa Dell’Erba, della dottoressa Alessandra Guido e del dottore Fernando Guido questi ultimi autori di tesi di laurea sul Flora alla Facoltà di Beni Culturali dell’Università del Salento.
Flora, maestro e specialista delle decorazioni d’interni, è una personalità tanto eclettica quanto fondamentale nel panorama artistico salentino e da più parti si avvertiva l’esigenza di fare piena luce sui tanti, diversi aspetti della sua operosità e presenza sul territorio. In tal senso orientano a conoscerlo più puntualmente i saggi di storici, storici dell’arte e ricercatori.
Agesilao Flora, nacque a Latiano, nel 1863, da una famiglia di artisti, il padre Vito Nicola, anch’egli pittore, era parente di quell’Abramo Flora, statuario di plastiche in cera, talune conservate presso il Museo di Capodimonte, a Napoli. Approdato a Roma negli anni ottanta dell’ ‘800, all’età di diciassette si formò sotto la guida di Gerolamo Savorelli presso lo studio di Gaetano Kock, collaborando ai cantieri decorativi di Piazza Esedra e del Monumento a Vittorio Emanuele negli ambiti di Giuseppe Sacconi, massimo interprete della cultura umbertina, e Domenico Bruschi, col quale collaborò alle pitture nel teatro Argentina (1887), così come con Maccari nelle decorazioni della “Sala Gialla” di Palazzo Madama sede del Senato.
Frequentò il Museo Artistico Industriale romano e gli atelier artistici dell’imolese Ludovico Cremonini, del leccese Eugenio Maccagnani, del decoratore Giovanni Capranesi, dell’architetto Raffaele Ojetti, padre di Ugo, solo per fare alcuni nomi, e non di meno bazzicò i circoli politici socialisti, ispirandosi al pensiero di Giovanni Bovio, e si iscrisse alla massoneria, stringendo amicizia fra altri con la figura del Gran Maestro Ernesto Nathan, poi Sindaco di Roma.
Per la sua partecipazione alle agitazioni romane di Piazza Santa Croce del 1° maggio 1891, represse nel sangue, fu allontanato dalla capitale, che non avrebbe voluto lasciare. Rientrato nel Salento, la lunga biografia di Flora si dipana in varie vicissitudini artistiche, didattiche, politiche, umane, Svolse una ampia attività di decoratore d’interni nelle residenze civili e istituzionali e nelle chiese - tra Casarano, Gallipoli, Aradeo, Parabita, Galatina, Lecce, Squinzano, Grottaglie, Taranto, Latiano, Mesagne e Brindisi - e pittorica da cavalletto diffusa nelle collezioni private jonico-salentine.
Nella sua vita l’impegno politico correva parallelo alla vicenda artistica. Fu tra i fondatori del partito socialista in Puglia, intrecciò relazioni con le personalità politiche di spicco della Puglia, prima e dopo il Fascismo. Altrettanto rilevante il suo magistero, nel primo decennio del Novecento istituisce la Scuola d’Arte “Agesilao Flora” a Gallipoli. Della sua didattica si avvarranno numerosi allievi che diffusero i suoi modi aggiornando la cultura artistica in Terra d’Otranto.
La rinuncia alla tessera del Partito nazionale Fascista lo costrinse a rinunciare alla direzione della scuola da lui fondata e nel frattempo divenuta statale. Nel trasformismo del dopoguerra paradossalmente la sua coerenza ideologica non fu ripagata e il vecchio maestro dovette accettare incarichi d’insegnamento non consoni al suo livello, come testimonia la corrispondenza con il suo amico Tommaso Fiore.
Nella sua longeva fecondità creativa eseguì opere decorative tra il 1891 e il 1940 apportando motivi in voga nella capitale e al centro del dibattito del rinnovamento artistico postunitario non privi di influssi culturali inglesi. Adoperò linguaggi tra classicismo e neovenetismo e aperture al liberty.
Inizialmente una novità; nel tempo una attardata reiterazione di formule, scevre degli avanzamenti linguistici delle avanguardie. Accanto a tali qualificate testimonianze vanno considerati i meno noti ma non privi di interesse quadri e opere plastiche in cartapesta a conferma dell’eclettico modus operandi dell’artista latianese.
Le pitture rispondono, poco moderne stilisticamente, si rifanno ai temi consolidati di secondo Ottocento quali i vasi di fiori (il soggetto era la sua specialità, più volte reiterato sin dagli esordi romani), le vedute urbane, con annotazioni particolari per gli scorci del patrimonio monumentale salentino, i suggestivi paesaggi campestri salentini e le marine adriatiche e joniche.
A tale vena poetica carica di stati emozionali concorse il suo linguaggio tardo-impressionista d’una tavolozza densa che caratterizza le sue pitture esposte nelle mostre del tempo sino a tarda età. Le ultime esposizioni personali le tenne nel 1934 e nel 1935, nei circoli del Littorio di Lecce e Taranto.
Nel suo operare nel Salento soggiornò a più riprese a Brindisi, legato a varie amicizie e parentele. Decorò il soffitto della chiesa di San Paolo, eseguì le decorazioni del Palazzo Montenegro, abitazione del Prefetto, e della sala d’aspetto della Stazione marittima peninsulare (la Valigia delle Indie), suggerì, nel 1927, l’istituzione di una scuola artistica nella città adriatica, ebbe rapporti con il circolo della stampa, addobbò, nel 1928, il Teatro Verdi con effimeri dipinti per il Veglione della Pentolaccia, e dipinse numerosi quadri in cui rappresentò affascinanti impressioni della città tra gli anni venti e quaranta, le architetture storiche, da San Benedetto a San Giovanni al Sepolcro, da Santa Maria del Casale a Santa Lucia, e gli scorci del porto dal seno di ponente, alcuni custoditi nelle raccolte private e catalogate nel volume altre ancora da rintracciare tra le collezioni salentine e segnatamente di Brindisi, dove sono segnalate altre sue opere decorative andate perdute.
Dal volume, ricco non solo di repertori fotografici delle sue opere ma anche di documenti inediti, scritti di suo pugno, corrispondenze, emerge un figlio della Terra d’Otranto, da considerare un salentino a pieno titolo, poichè era brindisino di Latiano, a Lecce chiamavano leccese e i gallipolini compaesano: tant’è che è l’unico pittore che nel territorio abbia dipinto un’ allegoria del ”Salento” nel 1927-28, nelle decorazioni della Sala Flora del palazzo Imperiali di Latiano. Il volume dà vita a un’indagine che è auspicabile sia avviata per ognuno degli artisti salentini che hanno costituito la storia dell’arte regionale tra Otto e Novecento.