Il presepe contemporaneo al Map Brindisi “Ri-Nascita” di Giovanni Carpignano lunedì 21 dicembre ore 18,00
Sunday, December 20, 2015

Lunedì 21 dicembre 2015 alle ore 18,00 in concomitanza con la mostra “Edgardo Simone. Piccola esposizione”, sarà inaugurata “Ri-Nascita” di Giovanni Carpignano, che anche quest’anno, in occasione del Santo Natale, rinnova l’ormai consueto appuntamento del MAP con i presepi, che dal 2011 vengono realizzati nei linguaggi e materiali dell’arte contemporanea nei suggestivi spazi della chiesa di San Michele delle Suole Pie.

Il presepe, di ferri recuperati nelle campagna tra gli attrezzi dell’antica civiltà rupestre da Giovanni Carpignano, fa seguito alle opere plastiche in vetroresina di Salvatore Spedicato (2011), all’ “Assenza –Essenza” dei vestiti vintage di Andrea Buttazzo (2013), e al “Presepe Precario” installato nella performance di Stone balancing da Simone Franco (2014).

L’’iniziativa si pone il fine di consentire agli artisti di confrontarsi con il soggetto della Natività, ritornare all’arte sacra mediante gli stili, i mezzi espressivi, le forme della contemporaneità, e al tempo stesso accrescere e diffondere nel territorio le conoscenze e le frequentazioni con la creatività e l’estetica d’oggi.

In prossimità dell’altare maggiore, in stile barocco, della chiesa di S. Michele Arcangelo delle Scuole Pie, assemblaggi utensili in ferro saldati popolano una sorta di “jazzo” pugliese, a stabilire lo stretto vincolo con la terra, con la civiltà contadina. Una visione che sa nostalgica, ma che al tempo stesso sa trasmettere la dolcezza del rapporto uomo-ambiente mediato dall’arte.
È costante la ricognizione del territorio, masserie, grotte, campi, per raccogliere quegli objets trouvé che divengono elementi primari del suo operare. Un canovaccio bucolico di figurazioni ricavate dagli attrezzi scomposti e ricomposti a inscenare un luogo umile, arcadico su cui si ergono, nobilitate da plinti marmorei i tre componenti la Sacra famiglia. Ancora badili per volti e aureole ricavate da ruote d’aratri che riprendono le sagome delle divinità bizantine (di recente le opere sono state proposte nell’insediamento di Lama d’Antico). L’ambito del sacro non è inconsueto nelle tematiche dell’artista tarantino.

Le elaborazione concettuali di Giovanni Carpignano, dalle rappresentazioni mai uguali l’una all’altra, ottenute con faticosa manualità, ci riportano a un paesaggio remoto, quello delle origini, che tuttavia è osservato da una figura inattesa, da una spettatrice aliena, una sagoma composta da bulloni congiunti, quasi fosse uno sguardo sovrumano, di un immaginario automa che osserva in silenzio i misteri della nascita, della religione, i sensi del rito, della tradizione.

L’iniziativa, organizzata dalla società CRACC spin off dell’Università del Salento, con il sostegno di ABA Federalberghi Brindisi, Palazzo Virgilio e degli Amici dei Musei Brindisi, resterà aperta sino al 27 febbraio 2016




Info mostra biografia dell’artista; testi critici Cosima Calasso, Chiara Romano, Daniela Rucco.

Giovanni Carpignano, nato a Palagianello (Taranto) nel 1967, si è diplomato al Liceo Artistico di Taranto e ha perfezionato gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bari. Dalla fine degli anni Ottanta è attivo sul territorio nazionale e internazionale, e sue opere figurano in collezioni pubbliche e private. Se inizialmente sceglie il medium pittorico che evolve da un fare realistico ad uno metafisico, poi via via privilegia sempre più la scultura, dai bozzetti in terracotta ad opere di grandi dimensioni realizzate con composti cementizi che, spiega l'artista, «sintetizzano le striature rocciose e contorte che si elevano verso l'alto» nel cielo del suo territorio, fulcro dell'indagine artistica. Nella casa-grotta di Palagianello, dove vive e opera, plasma a partire dal 2006 forme che nascono dalla scomposizione e dalla successiva selezione delle parti migliori di objets trouvé rinvenuti nel paesaggio campestre della provincia tarantina. Si tratta di attrezzi di scarto agricolo e industriale inutilizzati, abbandonati perché usurati, a cui Carpignano con consapevolezza sceglie di dare un'altra possibilità. Nasce così ri-trova-menti, un progetto di ricerca altamente comunicativo con il territorio, improntato sul concetto del recupero di “cose” ma anche di quei valori che l'odierna società allontana sempre più da noi stessi.

testi critici

Federica Coi
L'importanza della comunicazione nell'opera di Carpignano E' passeggiando tra i sentieri del paesaggio bucolico di cui siamo circondati che l'artista Giovanni Carpignano trova l'ispirazione per avviare la sua ultima ricerca artistica denominata ri-trova-menti. Concepita come un'unica grande installazione, l'opera Comunicazione tra due volatili (2014) è alta più di due metri, ed è composta da due elementi in ferro elettrosaldato che sceglie di far interagire tra di loro. Il fil rouge della produzione degli anni recenti – di cui fa parte l'opera sopracitata – rientra nell'ambito di una riflessione sul territorio e sull'eredità che esso, con tutti gli aspetti negativi e positivi, ci ha lasciato e che lascerà alle successive generazioni. A tal proposito, anche gli attrezzi di scarto agricolo e industriale rinvenuti durante il suo vagare, sua consueta cifra stilistica, rientrano nell'ampio concetto dell'eredità territoriale, nonostante la loro estraneità materica con la natura.

Dopo aver identificato quegli oggetti, Carpignano valuta l'aspetto “storico” che li contraddistingue, ossia l'azione compiuta dal tempo e quella prodotta dall'agire dell'uomo. Nelle “costruzioni-assemblamenti” di cui è artefice, è ravvisabile una pratica artistica già sperimentata dagli artisti del passato, come quando Picasso realizzò la Testa di toro (1942) riciclando un sellino e un manubrio di bicicletta. Più evidente il rimando alla “poetica” duchampiana nel ri-destinare oggetti della quotidianità ad una funzione estetica. L'artista individua un Universo fisico (costituito di materia ed energia e dalle dimensioni dello spazio e del tempo) in cui si inseriscono l'Universo proprio e l'Universo dell'altro. Da quest'ultimi scaturisce un punto di vista che vede, pensa e combina le forme tra di loro. Nel suggerire la sagoma dei due volatili, lui recupera com’è solito il linguaggio figurativo e ribadisce che «la percezione non appartiene al concetto di realtà né a quello di identità, ma fa parte delle potenzialità dell'individuo». Non a caso l'idea di fondo dell'installazione rimanda al confronto tra Identità e Individualità. Tutto ha senso se dalla relazione con il mondo circostante, imprescindibile, l'osservatore sarà in grado di andare oltre a quei ferri vecchi, utensili agricoli rifunzionalizzati esteticamente. Solo allora per l'artista l'opera potrà dirsi comunicativa.

Cosima Calasso
I processi di “ri-creazione” nell’opera di Giovanni Carpignano I materiali di cui si serve Giovanni Carpignano sono i residui ritrovati tra muretti a secco e ulivi secolari, nelle vecchie masserie, in ambienti rupestri, materiali di scarto industriale o parti di strumenti agricoli, come forche, zappe, pale, forbici, tondini, corrosi dal tempo e dal contatto con la natura, che li ha custoditi. Dalla loro combinazione nascono nuovi oggetti, che attingendo al mito e alla Bibbia, alle tradizioni della cultura popolare, all’iconografia e alla natura, diventano personaggi stilizzati di un immaginario leggendario, archetipi di un mondo primordiale, e animali, collocati in luoghi naturali, propri del territorio ionico-salentino, come, ad esempio, la “Grotta delle Arti”, una porzione di Gravina nell’agro di Palagianello. E’ proprio la loro ambientazione che concorre a farli rivivere come simboli e segni della storia e nello stesso tempo come espressione di un presente poco propenso a conservare le indispensabili risorse della natura. Quella di Carpignano può essere intesa come la ricognizione archeologica di un tempo vicino – quello di una civiltà contadina non così remota – che, sublimandosi, approda ad un’archeologia antropologica, attraverso la quale gli oggetti ritrovati servono a comprendere l’esperienza umana, nella loro nuova ricostruzione. Come objets trouvés, selezionati dopo un’accurata osservazione per le loro qualità evocative e sentimentali, si trasformano nell’oggetto nuovo, tramite un ciclo creativo inverso che parte dalla morte (il deperimento materiale) e giunge alla rinascita, la ri-creazione, tra memoria storica e cognizione del presente. L’esperienza artistica di Giovanni Carpignano, oscillando tra riuso concettuale e materiale, indaga, quindi, il rapporto arcaico tra contesto naturale ed il passaggio dell’uomo. Dalle opere di piccolo formato, come “Guerriero-contadino”, sino alle opere ambientali o ai gruppi come le “Deesis”, si evince che l’arte diventa il medium comunicativo di epoche lontane e luoghi da proteggere, di storie di uomini ed esistenze contemporanee, rispecchiando attraverso ritrovamenti oggettuali il vissuto del nuovo osservatore, che ha un tassello in più per ritrovare se stesso.

Chiara Romano
Tracce di storia e sacralità nelle opere di Giovanni Carpignano Si assiste, oggi, ad un complesso rapporto tra arte e fede, tra sacro ed umano e tra Chiesa e contemporaneità; la XXVIesima edizione della Rassegna d’arte sacra contemporanea di Monteroni, Pro Arte Pro Deo, continua a promuoverne un intenso dialogo, presentando, nell’ambito della scultura, la produzione artistica di Giovanni Carpignano. L’artista di Palagianello persegue, sin dagli esordi, una ricerca incentrata sul territorio, scrutando con piglio le gravine ed i paesaggi rupestri dell’area ionica. Nell’iter della sua produzione, opera dapprima con la pittura attraverso stilemi legati al surrealismo ed alla metafisica1. Approfondisce, successivamente, con la scultura l’interesse per i caratteri peculiari della civiltà contadina intesa come unico fondamento della civiltà storica umana. In un intenso legame con la natura, Carpignano “costruisce” personaggi ripresi dal mito e dalla Bibbia, servendosi di oggetti recuperati dai campi e riportati alla luce dopo un precedente abbandono. Si tratta per lo più di attrezzi da lavoro, legati in senso stretto alla civiltà contadina di un tempo, materiali precari, invecchiati ed arrugginiti tra i quali si possono distinguere pale, zappe, picconi, spatole, ascie, trapani, serrature e scarti in-dustriali di ogni tipo e forma. Dunque, un insieme di oggetti “tali e quali” per dirla con Renato Barilli. Come scriveva nel 2009 Lucio Carmelo Giummo, taluni oggetti sono «estratti dalla terra di cui paiono quasi naturali produzioni, spontanee germinazioni»2. Tali manufatti -sosteneva- «nella loro sostanza materica e nella loro forma già racchiudono storie, racconti, e che, re-interpretati, aggiungono a quelli, pur non cancellandoli, altre, nuove storie, nuove metafore»3. Hanno una loro intrinseca funzione ma vengono indagati e formalizzati in esiti vivaci ed essenziali. È praticato dunque un dirottamento dai fini pratici. L’artista è in grado di far rivivere l’oggetto in un «riuso concettuale»4. Se è vero, inoltre, che l’attenzione ai materiali indicati può essere considerata una costante nell’attività artistica di Carpignano, d’altra parte, la ‘povertà’ degli stessi va intesa come ricerca di un rapporto diretto con l’universo circostante, ovvero come pratica artistica tesa a valorizzare il dato sensibile, l’immediatezza percettiva di un territorio. Nel catalogo Giovanni Carpignano. Creare-contro-creare è riportato un passo che chiarisce il pensiero dell’artista: «Dalle suggestioni dell’ambiente nella Terra delle Gravine alle installazioni, dalla perdita dell’umanità in una cultura aberrata dai vari vincoli economici e sociali, dalla tecnologia e dai media, in un universo dominato dalla forza anzicchè dalla ragione. Oggi viviamo in base a un culto molto diffuso chiamato “venerazione del corpo”. L’uomo ha bisogno di innalzare il suo tono emozionale, da questo nasce il ritorno all’infanzia alla vita come un gioco»5.

In occasione della 54esima edizione della Biennale di Venezia, Padiglione di Regione Puglia - Lecce, tenuta nel 2011, Toti Carpentieri asseriva che «gli assemblaggi antropomorfi di Carpignano rivelano il loro nascere dalla solida quotidianità contadina e dal vivere in essa»6. Sono «soggetti inediti, forme zoomorfe o semplici steli, icone ferrose attualizzate in sculture di essenziale vigore»7.

Le immagini scaturite dalla composizione e combinazione degli oggetti sono estremamente semplificative e rimandano ad un percorso storicizzato della storia dell’arte. Si pensi, ad esempio, agli objets trouves di Marcel Duchamp. In tale ambito storico, non si presentano generalmente più opere ma progetti di opere, operazioni sulla realtà, proposte e modi di essere, idee. Un’attività creativa “sine materia”. Per quel che riguarda la produzione di Giovanni Carpignano, va sottolineato che l’elemento figurativo rimane indelebile nella rappresentazione e, spesso, viene ricalcato intervenendo sul manufatto assemblato con tratti essenziali ed arcaici.

Le sue opere, fruibili anche in rigorose installazioni, sono investigazioni, lavori a volte tipicamente ‘poveristi’. Sono posti in rapporto con lo spazio naturale entro grotte e vari ambienti rupestri e sono il risultato di una ricerca e di una elaborazione a tratti ludica, che l’artista esegue nel volgere lo sguardo a suggestioni che rimandano alla sacralità, alle tematiche della religiosità e alle simbologie delle Sacre Scritture. In tal senso, il legame con la sfera del sacro scaturisce dalle azioni indicate: recupero di elementi deteriorati e successiva “ri-nascita”, nuova creazio-ne, pertanto “ri-creazione” per usare un termine caro all’artista, indicativo della produzione artistica realizzata nei primi mesi del 2013.

Il ciclo di sculture titolate Ri Creazione dall’Antico Testamento si formalizza mediante la rappresentazione di emblematiche figurazioni riprese dai passi della Genesi. É riproposta la Creazione del mondo, e dunque dell’uomo, il Giardino dell’Eden, la Prima umanità, La cacciata di Adamo ed Eva, Caino e Abele, L’uccisione di Abele, Il diluvio universale e l’immagine sacra della colomba inviata sulla terra da Noè. Pilastri marmorei sostengono moduli ferruginei, permeati da fori circolari e linee sottili in grado di riprendere tratti vagamente fisiognomici. L’opera dal titolo Esistenza realizzata nel 2007 ed esposta nelle sale della Pinacoteca comunale di San Michele Salentino, in occasione della Rassegna Nazionale d’Arte Sacra Contemporanea inaugurata nel 2012, sembra riprendere il carattere distintivo della croce, tipico simbolo e fondamento della tradizione cristiana. Carpignano propone, inoltre, una personale rappresentazione della biblica Pecorella Ri-trovata, presentata nelle sale della Sesta Triennale d’Arte Sacra Contemporanea, allestita a Lecce nel 2012. In ambito religioso, la riconciliazione del pastore con la pecorella smarrita è legato alla simbologia della “comunione”._Si estrapola da un dialogo con l’artista che egli intenda anche rimarcare il concetto di “ritrovamento” per dar più risonanza al gesto di recupero degli oggetti. Le esili articolazioni dell’animale si librano nello spazio mediante i pieni ed i vuoti in un susseguirsi di linee e tagli curviformi.
In ultima analisi, Dèesis è una delle recenti opere realizzate. È ispirata all’iconografia sacra bizantina. Il significato si ricava dal greco δέησις, ovvero “supplica”, “intercessione”, e rispecchia un tema iconografico cristiano di matrice culturale bizantina, molto diffuso nel mondo ortodosso. La raffigurazione, riproposta a volte anche nelle chiese rupestri, presenta la triade del Cristo pantocratore collocato nel centro ed affiancato dalla Madonna e dal San Giovanni Battista, in genere sostituito quest’ultimo anche da altri santi. Il carattere concettuale degli elementi prende il sopravvento sulla tendenza ad una sorta di primitivismo individuato nell’iconologia delle altre opere.

NOTE
1 Giovanni Carpignano. Opera – Ambiente. Realizzazioni. Progetti, Utopie. Itinerario nella Terra delle Gravine, catalogo della mostra (Palagianello, Castello Caracciolo, 24 agosto-7 settembre 2003), testi di G. Segato, R. Nigro, P. Rasulo, Dellisanti Editore, Massafra 2003.

2 L.C. GIUMMO, in Giovanni Carpignano. Creare contro creare. Opere 1999-2009, Stampa B.M. s.n.c., Massafra 2009, pp. nn. ma 4.

3 Ibidem

4 A. LIPPO, La Biennale di Sgarbi fa tappa (anche) a Lecce, in “Corriere del Mezzogiorno”, 3 luglio 2011.

5 Giovanni Carpignano. Creare-…cit., pp. nn. ma 29

6 T. CARPENTIERI, Alberi ogm, menhir, figure filiformi e altri artifici doc, in “La Gazzetta del Mezzogiorno”, 1 ottobre 2011.

7 M. DI TURSI, Le radici nel passato degli «Universi» di Carpignano, in “Corriere del Mezzogiorno”, 20 gennaio 2012.