“Nodi e dintorni”, terza opera letteraria di Anna Chionna, presentata al pubblico presso il Castello Normanno Svevo di Mesagne.
Monday, November 23, 2015

“Nodi e dintorni”, terza opera letteraria di Anna Chionna, presentata al pubblico presso il Castello Normanno Svevo di Mesagne. Organizzazione della Bottega del Teatro, patrocinio del comune di Mesagne.


 


Mesagne, 22 novembre.


Un nuovo appuntamento con la cultura a Mesagne, la presentazione al pubblico di “Nodi e dintorni” dell’autrice Anna Chionna (editore “AltraStampa” di Dini Annalisa, Mesagne), è la cifra dell’impegno che “la Bottega del Teatro” di Mario Cutrì continua a profondere nel sostenere gli autori della nostra terra.


Domenica 22 u.s. il comune di Mesagne ha reso disponibili le “sale nobili” del castello Normanno-Svevo per lo svolgimento dell’evento letterario dal titolo “..annodati a tradimento” - versi, parole, musica, emozioni” (in collaborazione con “l’Accademia del tempo libero”), la cui conduzione è stata affidata a Ferdinando Cocciolo, giornalista intervenuto in qualità di moderatore, ed a Mario Cutrì, instancabile presidente della “Bottega”, la cui voce stentorea e la consueta “verve” hanno condotto il folto uditorio alla scoperta dell’ultima opera della Chionna, “Nodi e dintorni”, raccolta di testi in prosa e poesia.


Giunta al suo terzo libro, l’autrice continua solerte a produrre, riuscendo ad incuriosire i lettori per la facilità con cui il suo linguaggio si rinnova e rigenera. Secondo Cutrì la Chionna ha raggiunto con “Nodi e dintorni” la piena maturità di scrittrice. L’opera rappresenta la riproposizione di alcune delle grandi domande sull’uomo e la sua natura, così come l’esperienza le evidenzia, nelle sue urgenze, domande, esigenze. E’ anche un modo di osservare sè stessa, affidando ad un linguaggio altamente simbolico, permeato di similitudini e metafore tratte dal mondo della natura (ma che attingono anche al mito), il compito di descrivere sentimenti che urgono nel suo essere, dall’amore in tutte le sue forme sino ai più lancinanti tormenti interiori.


Senza coltivare la pretesa di fungere da ermeneuti del testo, di voler identificare la chiave per la comprensione guidata dei lettori, ci limitiamo qui a confessare la sensazione provata nell’ascolto, un interesse ed un piacere emotivo ed intimo prima ancora che estetico, poiché nelle letture si può riscontrare un fermento di senso, una ricerca che presuppone un sincero “atto di coscienza”. Siamo di fronte ad una poesia fortemente destrutturata, che sceglie di rinunciare ai dettami classici della prosodia per trovare sperimentalmente nuovi sentieri del significato, ambizione cui concorre anche la prosa, scarna a tratti ma diretta ed evocativa. Nei testi capita di riscontrare - in limine - la denuncia indiretta di quella civiltà insensata che produce case scabre e designa “non luoghi” (i “gessetti colorati”, metafora di certi comprensori abitativi della periferia modenese od anche l’anticamera delle stanze d’Ospedale), contrapposti alla quiete–nascita della natura ed alle preziose vestigia dei luoghi natii (le arboree distese verdi della costa pugliese, le stratificazioni architettoniche e le pietre “vive” del centro storico di Mesagne), che inconsapevolmente rapiscono l’autrice (sono sue le parole) e valgono “a distoglierla dal quotidiano rincorrersi della vita moderna che tanto stride al cuore”.


Una scrittura che muta da un testo all'altro in una effervescenza inventiva, che muove da forme evocative di labirinti multicentrici e nodi inestricabili: “..gli uomini non sanno / non possiedono la conoscenza / continuano i Misteri tramandati da generazioni / ignari e ignoti delle stesse Epifanie..” ed anche: “..Perduta è la ragione in strade senza uscita / un giorno – forse – Nemesi / a rendere giustizia in quanto tale”- da “Nemesi”).


Pare quasi che in essa convivano due anime: l'una irrequieta, imprendibile, sfuggente, che affida al linguaggio scritto la sua vocazione proteica (“ ..vivo invece di spasmi viscerali/tra le fiamme dell’inferno..” od anche “vorrei essere la donna che tu credi io sia. .. e tornare a sentire / lo stesso penetrante dolore / che tanto mi allevia / e riveste d’amore” – da “Quella donna”), l'altra più serena, ma sempre vibrante, che mostra di aver fatto tesoro dell'esperienza, che usa la parola come forma plastica per proiettare l'ineffabile convergenza di tutte le cose in un unico centro immanente e personale: una donna che all’amore vuole abbandonarsi (“ho voglia di parole sussurrate / protette dal silenzio”).


“Giunge dall’est”, “Purchè sia”, “Quella donna”, “Nodi e dintorni” sono solo alcuni titoli delle liriche proposte, citati in ordine sparso, dalle quali pare trasparire una comune traccia semantica profonda, il conflitto tra assenza e bisogno di presenza, che potrebbe ricordare W. B. Yeats (“..e nel mio cuore i demoni e gli dei ingaggiano una eterna battaglia..”).


Sono ben escritte le enigmatiche opere del vivere, momenti ed atmosfere che, per così dire, talora ci scivolano addosso senza che se ne possa afferrare l’essenza, dalle quali sembra non ci si possa affrancare completamente. Chi sono gli altri? Ciò che immaginiamo o la semplice rappresentazione dei nostri costrutti? Sentimenti affermati vis-a-vis ma rinnegati e traditi se osservati, affetti e simbiosi empatiche condivise ma poi tradite, per paura forse o per viltà. Le maschere sono tradimenti, l'occultamento di sè e delle emozioni. La maschera è il coraggio che non c’è. Questo sembra dirci il racconto “La cinquattottesima faccia”, che effettua un rimando alle “tante facce ed ai pochi volti” di pirandelliana memoria: per vivere bisogna guardare e guardarsi dentro e poterlo esprimere senza filtri. Per vivere (e per amare) bisogna togliere la maschera..


A suggello della intensa serata, tra le sale del Castello di Mesagne si è compiuto un ideale connubio tra le arti, un “passo a due” tra letteratura e musica grazie alla bella esibizione al sax di Roberto Rosato, che ha proposto brani scelti tratti dal suo ultimo CD, sapiente fusione che ben risponde alla inesausta ricerca del soddisfacimento di quei bisogni emotivi che consentono di vivere l’armonia con tutto ciò che ci circonda.


La nostra età (una “età di mezzo” secondo molti) necessita di atti risolutori e coraggiosi che traguardino il suo superamento, recidendo senza esitazione i mille “nodi gordiani” che la avviluppano e ci avvincono, che ancora ottundono il nostro intelletto e la nostra anima, per ridare coraggio e dignità al nostro cammino nel tempo.


L’atto della scrittura è anche questo, un gesto civile, un atto di coraggio.


(Andrea Solimini).