Ritrovato a Mesagne un antico tempio dedicato al feminino sacro
venerdì 3 agosto 2012

Avendo sposato una Mesagnese, ogni estate mi reco in villeggiatura a Mesagne, girando per le vie della città salentina, ogni tanto faccio delle scoperte interessanti. Oggi mi sono soffermato sulla chiesa del Carmelo di Mesagne, nella quale si venera la protettrice della città.


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La struttura, assieme a quella del tempietto di San Lorenzo, di templare memoria e uno degli edifici più antichi del culto cristiano. Costruita su un ipogeo anacoretico (ovvero un ritiro di eremiti), le cui strutture  emersero per caso nel 1975, fu un luogo dedicato all’arcangelo Michele (il cui significato ebraico è “Chi è come Dio”.


L’attuale chiesa è ad una sola navata ed è attigua al convento dei Padri Carmelitani, la cui presenza a Mesagne risale al XVI secolo, mentre l’antica struttura andata persa a seguito di un incendio era costituita da tre navate poggianti su colonne, con entrata posta a sud.


Le strutture murarie più antiche del luogo sacro, risalgono alla fine del XIII secolo e, all’interno, conservano ancora un patrimonio artistico, di cui purtroppo ci sono arrivate solo scarse testimonianze pittoriche. Meglio conservate sono le vestigia più recenti mi riferisco in particolare alla Madonna del Carmine, con il bambino in trono, incoronata da due angeli, opera cinquecentesca di Francesco Palvisino da Putignano.


Stupisce in particolare una rappresentazione di una sacra famiglia del seicento, con sullo sfondo, un uomo in costume adamitico, prono, che molto ricorda l’antico movimento degli stiliti. Gli Stiliti erano quei monaci cristiani anacoreti che vissero nel vicino Oriente a partire dal V secolo. Avevano la particolarità di trascorrere la propria vita di preghiera e penitenza su una piattaforma posta in cima ad una colonna, rimanendoci per molti anni e spesso sino alla morte. Questa pratica voleva essere anche una testimonianza, una pubblica dimostrazione di fede.


Pratica propria dell’Oriente, soprattutto dei dintorni di Antiochia e della Siria, nella Chiesa greca durò anche dopo lo scisma e presso i Russi fino al secolo XV; è, tra l’altro, attribuita a due santi: Simeone Stilita il Vecchio (secolo V), ritenuto il padre di questa forma di ascetismo, e Simeone Stilita il Giovane (secolo VI).


Lo stilita, con la sua posizione ”onnisciente”, voleva simboleggiare se stesso come monito ”vivente” per chiunque sapesse o vedesse la sua condizione di vita. Nel nostro caso invece l’uomo appare prono piegato a 90° in una posizione innaturale per un santo, che ci riporta agli insegnamenti di Giamblico, uno degli ultimi discepoli di Pitagora, suppongo che tale immagine richiami qualche riferimento matematico (vedi a riguardo il sito: (clicca qui)

Questo quadro colpisce anche perché nel riflesso del sudore sul somaro appare un immagine di un volto che non sono ancora riuscito a ben identificare. Colpisce inoltre l’effige dell’antico vessillo templare incastonato nell’attuale frontone di tale chiesa e lo scudo araldico dei carmelitani con la riproduzione per tre volte del sigillo di Salomone (più conosciuto come “stella di davide”), su sfondi a colori contrapposti, di cui il triangolo in alto rappresenta la creazione e quello più basso il creato, mentre i colori contrapposti indicano i due contrari (lo yin e lo yang di taoista memoria), per altri significati vedi il sito: (clicca qui)  e per gli aspetti esoterici: (clicca qui)

In ogni caso l’ordine è legato, a due figure in particolare, al profeta Elia che visse sul monte carmelo (antico simbolo cristiano del sole da “Elios”) e la Vergine Maria (antico simbolo cristiano che si è sostituito al culto pagano per la Dea Madre).


Questo è ciò che è visibile a tutti, ma mi ha stupito leggere che sotto alla chiesa esiste una cripta, ricavata da un ipogeo naturale, dedicata al culto di San Michele Arcangelo, ora come è noto i luoghi di culto cristiani si sono sviluppati spesso su siti pagani più antichi che se presenti in grotte erano dedicati al Dio Mitra (in questi casi l’accesso alla caverna era posto a est, come peraltro a Mesagne) o alla Dea Madre. La caverna, per eccellenza, rappresenta il grembo della madre terra.


Esiste peraltro in questa grande grotta una raffigurazione pittorica di origine trecentesca che richiama probabilmente una rappresentazione più antica, che io ho letto sempre in chiave matriarcale. Nell’affresco è evidente un personaggio di carnagione olivastra scura, con un turbante a forma di mezzaluna, che mi richiama l’antica effige della Dea madre, simbolismo confermato dalla presenza ai suoi piedi di una pavoncella bianca e due serpenti (gli stessi che troviamo nelle mani della Dea cretese dei serpenti di età minoica).


Tutto il simbolismo rimanda alla Dea Astarte dagli israeliti detta Ashtoreth, con un gioco di parole che combinava ”Ashtart” e ”boshet” per far si che il suo nome significasse ”indecente”. Nella bibbia le fu dato questo titolo per le sue selvagge energie sessuali e per ”concepire, ma non dare figli ai suoi amanti”.


La Dea era servita sia da Sacerdotesse che da Sacerdoti. Nei suoi templi risiedevano sia maschi, sia femmine dette hierodules (prostitute sacre). Il maschio era chiamato Kalbu e la femmina Qodesja. Rituali orgiastici erano parte della sua adorazione - proprio come lo furono per l’adorazione di Cybele. Astarte è spesso presentata con un leone e una coppa nella quale offre da bere al suo amante.


Leoni, fiori e serpenti appartengono ai suoi rituali. Le offerte al tempio di Astarte consistevano in incenso, birra, vino e sacrifici di sangue. Le Sacerdotesse erano considerate prostitute sacre rappresentanti del ruolo di Astarte come Dea dell’Amore. Stranieri potevano andare al suo tempio e compiere un atto di adorazione in unione sessuale con le Sacerdotesse. Era costume delle giovani donne prima del matrimonio santificarsi alla vista di Astarte intrattenendo visitatori nel tempio.


I sacerdoti di Astarte si auto-eviravano in una danza estatica. Essi erano abitualmente visti nella vestizione e nel trucco delle donne, danzando e realizzando auto-mutilazioni. Il loro servizio consisteva nel compiere il letterale sacrificio della loro fertilità. Il simbolo di Canaan fu l’Asherah o palo sacro (nel nostro caso presente in forma di bastone), in suo onore, come consorte di Baal.


In Siria e Cipro il suo simbolo era una pietra conica e circolare. L’Uovo Sacro rappresentante di fecondità e la melagrana (il frutto con le uova) furono anch’essi simboli di Astarte. Astarte è associata con l’Equinozio Invernale e con la primavera in generale. Lei governa il Venerdì e i mesi di Aprile e Ottobre. I primi frutti del raccolto e i figli primogeniti sono sacri ad Astarte. Suoi animali sacri sono la colomba, il leone, il toro, il cavallo e i serpenti. I suoi colori sono il rosso e il bianco, similmente al fiore dell’albero di acacia che è considerato un suo emblema. Il cedro, la rosa, l’ontano, il tamarindo e gli alberi di cipresso le erano anche sacri.


Tutti gli elementi evidenziati li ritroviamo nell’affresco ancora visibile. Con questo non voglio dire che in epoca cristiana si svolgessero riti pagani, ma semplicemente che gli archetipi di quel modello, risalenti agli antichissimi riti che si svolgevano in quel luogo, abbiano influenzato il pittore che li ha raffigurati, avendo probabilmente in mente, l’iconografia cristiana suggerita dallo storico locale e amico Antonio Pasimeni, alla cui descrizione rimandiamo (clicca qui)


Massimo Colangelo (Alias Michelangelo Magnus), scrittore, pittore e saggista (www.iltesoropiunascosto.com).


Per comunicare con l’autore scrivere a fasti999@libero.it)


(Foto tratte dall’articolo scritto da Antonio Pasimeni sul sito: (clicca qui)